ZAUBERTEATRO ED IL FIUME

Zauberteatro opera, dal 1985, nel-l'intento di offrire ad un pubblico vasto ed eterogeneo spettacoli che potremmo, per molti aspetti, definire "particolari", di valore culturale e qualitativo elevati, con proposte originali, sia dal punto di vista drammaturgico che registico e che sap-piano comunicare con immediatezza con il pubblico.

Alla base di ogni nostro lavoro sta, da sempre, la scelta di utilizzare spazi dove la gente mai si aspetterebbe di assistere ad uno spettacolo: negli anni possiamo dire di esserci specializzati in spettacoli in luoghi spesso dimenticati dalla città, ma così intriganti da suggerirci, quasi sempre, essi stessi il testo da mettere in scena. Così abbiamo operato in parchi pubblici, in saloni di ville, in Musei, in spazi sacri, chiostri, biblioteche, fino ad arrivare sotto Ponte Vecchio, a bordo delle antiche barche dell'Arno.

Proprio gli spettacoli sul fiume rappresentano ormai, dal 1999, un appuntamento estivo immancabile per i fiorentini: in diciassette anni si sono alternati in barca ben 8 spettacoli per oltre 235 repliche e 9.600 spettatori.

Ci piace definire i nostri spettacoli sul fiume "ad impatto zero". Per la normale vita della città, infatti, niente cambia. Le barche scivolano nel silenzio del fiume notturno e solo chi si affaccia dalla spalletta dei lungarni e dai ponti può notare, incuriosito ed affascinato, che "qualcosa" sta accadendo, là in mezzo al fiume tranquillo. Tutto intorno la scenografia naturale è rappresentata dalla città stessa, nella sua bellezza, storica, incombente che non è un "di più" allo spettacolo ma ne costituisce parte integrante a tutti gli effetti.

Abbiamo puntato, in tutti questi anni, sulla “fiorentinità": dalla riscrittura della Commedia dantesca di Venturino Camaiti ai testi cinquecenteschi del Vespucci, del Da Verrazzano o di Galileo fino ad una storia legata all'alluvione di Firenze del 1966. Una scelta ovvia, in fondo, anche se in linea con quella nostra innata volontà curiosa di riscoprire testi e luoghi dimenticati che accompagna Zauberteatro da sempre.



Cinquanta... ma non li dimostra!
(una nota sul mio rapporto col fiume)

Cinquant'anni dall'alluvione di Firenze, mezzo secolo è trascorso da allora. Verrebbe da dire che tanta acqua è passata sotto i ponti... Ma è proprio così?
Dal punto di vista strettamente “idrodinamico”, direi che l'affermazione è assolutamente vera.
Ma sotto l'aspetto della sicurezza e della prevenzione, è stato fatto davvero tutto il possibile perché un disastro di tale portata non possa più ripetersi? E cosa è cambiato nel rapporto fra i fiorentini ed il loro fiume?
Senza dubbio non sta a me rispondere, né tantomeno le mie convinzioni possono, nemmeno lontanamente, essere considerate degne di nota.

Nel novembre del '66 ero piccolo, molto piccolo. Ricordo però la paura di quei giorni, l'ascolto dei notiziari radio, l'acqua che (fortunatamente) si era fermata alle cantine del palazzo accanto al nostro. Ricordo che, con mio padre e mio nonno, andavamo a prendere con le taniche (io usavo quella della mia jeep a pedali) l'acqua all'autobotte che ad orari prestabiliti stazionava in piazza. Sono stato fortunato, senza dubbio. Dalle nostre parti si camminava ancora sull'asfalto. Non posso dimenticare comunque la sensazione di impotenza quando, dopo un paio di giorni, mia madre mi portò (lei armata della sua Rolleiflex, io di stivaloni blu) a “vedere” il disastro; ci avviammo verso piazza San Marco con l'intenzione di proseguire verso il Duomo. Solo allora mi resi davvero conto della enormità di quanto era avvenuto. Fango, carcasse di auto accatastate, perfino un autobus, puzzo di nafta. Ma l'angoscia maggiore era rappresentata dal segno che l'acqua unta aveva lasciato sulle facciate dei palazzi: l'acqua era arrivata fin lassù! Dal mio metro e poco più, mi pareva impossibile.
Di tutto quanto accaduto, oggi, per chi ha meno di cinquant'anni, rimangono solo le foto e le piccole targhe di marmo che campeggiano, ben al di sopra della normale visuale di un distratto pedone, sulle facciate del centro storico indicanti il livello raggiunto dalle acque.

Da allora il mio rapporto col fiume è stato di preoccupata convivenza che, a poco a poco negli anni, si è trasformata in distratta indifferenza. Credo che anche per una gran parte dei fiorentini sia stata, più o meno, questa la trasformazione del ricordo.

Poi, per quanto mi riguarda, nell'ultimo sprazzo del millennio scorso, la scossa: inventiamo gli spettacoli sul fiume, a bordo degli storici barchetti dei Renaioli!
Nel 1999 scrivevo, riferendomi al fiume, “[...] in una città, nella quale la ricerca di spazi nuovi è all'ordine del giorno, sembra, quantomeno, uno spreco il non utilizzare in alcun modo (se non come fogna!) una superficie così vasta, che attraversa tutta la città e della quale i fiorentini oggi si interessano solo quando il livello delle piene raggiunge i limiti di guardia.” Questa è stata la spinta primaria che, unita alla collaborazione di chi aveva riportato “a galla” le barche originali fiorentine (per l'appunto, sommerse dalla piena del '66), ed alla “riscoperta” di testi che ben si adattavano alle nostre nuove esigenze, ha portato (e nessuno di noi avrebbe allora potuto immaginarlo!) alle attuali quasi duecentocinquanta repliche in oltre tre lustri di spettacoli acquatici.

Posso pertanto limitarmi a riportare la mia (insignificante) esperienza da “navigatore”, estivo e serale, dell'Arno nel tratto più bello e famoso, quello fra Ponte alle Grazie e Ponte alla Carraia.

Una prima considerazione va fatta in merito all'aspetto “estetico” delle sponde.
Il nostro imbarco è sempre stato sulla sponda in fondo alla rampa accessibile da Piazza Mentana, storicamente detta “la Porticciola”, laddove nei secoli veniva sbarcata a terra la rena cavata dal fondo del fiume per costruire gli edifici del centro storico. Durante le prime estati trascorse nella nostra nuova “location”, il nostro banchino della biglietteria era circondato da un ambiente piuttosto “brado”: la rampa era di libero accesso, l'erba cresceva alta, varie zone erano addirittura una boscaglia di canne ed arbusti, la pulizia era un lontano ricordo. Tutta l'area era adibita di giorno a “zona cani” (con relativi “ricordini” ovunque), di sera a “zona franca” dove giovani (fiorentini e non) potevano rifornirsi di “sostanze vegetali” di giamaicana memoria (e non solo) e... consumarle direttamente in loco, magari infrascati, ammirando il panorama.
Col tempo la situazione è migliorata: forse la nostra presenza serale disturbava i clienti abituali dell'area... Fatto sta che comparve anche un cestone per i rifiuti ed il Comune faceva intervenire, all'inizio della nostra stagione estiva, una squadra di giardinieri che riducevano la boscaglia ad una zona a prato ed una di pulizia per la rimozione di eventuali siringhe. Purtroppo, però, le erbacce ricrescevano velocemente...!
Negli ultimi anni, infine, il posizionamento del cancello a monte della rampa, nonostante abbia precluso l'accesso a fiorentini e forestieri, ha almeno fatto sì che nei milioni di fotografie scattate dai turisti in direzione di Ponte Vecchio non appaia più, in nessun periodo dell'anno, una situazione indecorosa.

Veniamo poi all'aspetto più tecnico relativo alla “navigabilità” del tratto di fiume. Qui sono stati fatti grandi passi avanti con l'entrata a regime dell'invaso del Bilancino nell'Alto Mugello. Questo enorme “polmone idrico” permette infatti di regolamentare la quantità d'acqua che viene immessa, attraverso la Sieve, ultimo notevole affluente a monte della città, nell'alveo dell'Arno. Questo dovrebbe (secondo i tecnici) garantire una certa sicurezza per la città nel caso di copiose precipitazioni piovose autunnali o invernali limitando o impedendo l'afflusso di acque da tutto il vasto bacino mugellano e, di contro, garantire nella stagione secca una presenza di acqua sufficiente alle attività fluviali ed all'approvigionamento idrico. In effetti, su questo secondo punto, possiamo constatare che il livello del fiume si mantiene costante anche nei periodi più secchi e caldi dell'anno. I primi anni ricordo che, in occasione dei periodi di grande calura, i nostri barcaioli dovevano controllare preventivamente ogni giorno se, lungo il percorso previsto, non vi fossero pietre (o altri oggetti) quasi affioranti dal fondo che avrebbero potuto creare problemi col buio serale. Il livello dell'acqua calava, effettivamente, di molto nel corso della stagione estiva (anche di quasi due metri fra il livello normale di inizio giugno e quello di agosto) ed anche da un giorno all'altro la situazione poteva variare notevolmente.
Rimane sottinteso, comunque, che molto rimane da fare, almeno sotto l'aspetto della qualità dell'acqua, se non sotto l'aspetto chimico, quantomeno dal punto di vista puramente “cromatico” che, ancora oggi, non invoglia alla balneazione...

Mi si permetta, per concludere, con una curiosità a metà strada fra l'attualità e la casualità, peraltro senza voler essere né polemico né, tantomeno, menagramo.
Giusto qualche mese fa, è stato pubblicato da AB Edizioni, un bellissimo volume, a cura di Filippo Giovannelli e Giuseppe Sabella, dal titolo “I colori dell'alluvione” con in copertina una immagine di Joe Blaustein. I più arguti di voi, guardando l'immagine del 1966, forse avranno già inteso dove voglio andare a parare... Nella foto si vede una automobile, una FIAT 850, capovolta con chiari i segni dell'acqua che l'ha trascinata in quella strana posizione; sullo sfondo, il Ponte Vecchio, visibilmente maltrattato dalla piena di poche ore prima, dall'altra parte del fiume il Loggiato del lungarno Archibusieri. Capito dove siamo? Dove si trovava quella povera 850? Ebbene sì! Quello era lungarno Torrigiani. E guardate adesso la seconda immagine (ripresa dal sito www.repubblica.it). Lo sfondo è lo stesso (anche se il Ponte Vecchio appare in condizioni migliori), l'Arno è sempre lì, gli Archibusieri pure ed anche le auto parcheggiate portano i segni dell'acqua. Unica differenza? La data: 25 maggio 2016.





Conclusione 1: che venga dal fiume o che venga dalla terra, l'acqua, quando è tanta, crea sempre problemi.
Conclusione 2: non sembra proprio che siano passati cinquanta anni fra la prima e la seconda fotografia...
Conclusione 3: venite pure tranquilli a godervi i nostri spettacoli! ...magari non parcheggiate l'auto in lungarno Torrigiani!

Mario Librando – direzione artistica Zauberteatro,
giugno 2016









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