leggi le note guarda le foto guarda i video gli interpreti leggi gli articoli guarda il manifesto



"Campo Inferno"
requiem laico per non dimenticare

libero adattamento di Sergio Ciulli da testi di autori vari

interpreti:
Guglielmo Allaria, Brunetto Bardi, Massimo Currò, Massimo Giovannini, Domenico Iaccino, Elena Isu, Diletta Oculisti, Rodolfo Orlandini, Silvia Pannacci, Lavinia Parissi, Matteo Petracchi, Sandra Piomboni, Marta Principe, Rosanna Ristori, Salvatore Urzì

regia: Sergio Ciulli
luci, video proiezioni e soluzioni sceniche: Mario Librando e Massimo Carotti
voce di Dante: Sergio Ciulli
regista assistente: Giacomo Pipitone
assistente alla regia: Cristina Addis
tecnico luci: Marco Faccenda





Il testo assembla frammenti provenienti da testi diversi (teatrali, narrativi e di poesia) e tra di loro distanti ma uniti dal tema comune della sopraffazione dell’uomo sull’uomo. L’accostamento di figure e versi dell’Inferno dantesco con testi di invenzione e documentazione dell’Olocausto tende a far risaltare come ogni forma di patimento e sofferenza inflitta possa generare una catena di orrore che supera la stretta classificazione dell’accaduto per proiettarsi in una dimensione universale. Da ciò l’eliminazione dall’azione e dal testo stesso di ogni riferimento di tempo e luogo per ottenere che lo spettatore senta ciò che accade come presente del suo quotidiano e non soltanto come atrocità a lui lontane.
Rappresentazione quindi di un possibile Campo di Sterminio oggi attivo e presente in qualche parte del mondo.

Sergio Ciulli


“Campo Inferno” ha per sottotitolo “Requiem laico per non dimenticare” e questo è già una chiara dichiarazione d'intenti.
Lo spettacolo ha debuttato un 11 settembre (del 2003), “data simbolo” ormai, purtroppo, per tutti, e viene ripreso, nel 2009, in occasione di un'altrettanto simbolica occasione, la “Giornata della Memoria” (27 gennaio).
Su tutto regna indiscussa la “parola”. Come precisa il regista, qui anche autore del testo, Sergio Ciulli - attore e regista fiorentino che non necessita di presentazioni - è basato, a seguito di un lavoro di raccolta e di ricerca sui testi e sui resoconti dei successivi processi, sul racconto, duro, violento e crudo, di quanto avveniva nei campi di sterminio tedeschi durante il secondo conflitto mondiale. Ma non vi è mai nessun riferimento a luoghi, nomi o date: si vuole accentuare l’“universalità” della violenza. L’uomo contro l'altro uomo. Questo porta Ciulli a definire la sua opera come una “rappresentazione di un possibile Campo di Sterminio oggi attivo e presente in ogni parte del mondo” ed il nostro non è pertanto “Lager Inferno”, ma un generico “Campo Inferno”.
Proprio in questa “quotidianità”, in questa “totalità” che trascende nazioni, religioni, lingue e periodi storici, si inserisce la scelta di appoggiarsi ad uno dei testi che sono alla base della nostra cultura occidentale: “La Divina Commedia”. L’inferno dantesco è sempre presente (e, obiettivamente, non poteva essere altrimenti) fin dall’inizio dello spettacolo sotto forma di brani registrati (i più famosi, dall’incipit a Paolo e Francesca, da Caronte all’Ugolino) accompagnati da immagini proiettate che sovrastano, per le loro dimensioni, gli stessi attori in scena. Nello sviluppo del testo anche le immagini si trasformano: da quelle che sono nella mente di tutti la rappresentazione “canonica” di Dante, le tavole di Gustavo Doré, si arriva fino ad una serie di sconvolgenti immagini che tentano di accomunare tutti i campi di sterminio, tutti i prigionieri e tutte le violenze del mondo, dai campi di Dachau ed Auschwitz, ai prigionieri della Grande Guerra, da Guantalamo al Medio Oriente, dalle prigioni “di stato” alle situazioni più abbandonate e dimenticate.
Non è certo casuale neppure la scelta del luogo scenico: sia esso una palestra, un palazzetto dello sport o un capannone industriale dismesso, deve essere uno spazio vuoto completamente asettico. Il pubblico fin dall'inizio dello spettacolo, viene coinvolto fisicamente, oltreché, ci auguriamo, emotivamente, e si troverà a circondare una scena fatta di niente: un mucchio di stracci, poveri abiti malridotti.
Gli attori, quattordici in tutto, provenienti tanto da esperienze professionali quanto direttamente da scuole di teatro, si trovano a muoversi così in un grande spazio attraversato spesso da “rasoiate” di luce, volutamente violente tanto per gli interpreti che per gli spettatori.

Mario Librando


Perché Campo Inferno?
note private rese pubbliche per non dover tacere anche domani

“…Un numero chiuso di uomini condotti da altri uomini, dislocato forzosamente in un luogo che appare ben diverso da quello che ci si sarebbe immaginato di trovare. E poi l’Inferno, l’eterno Inferno…”
E’ questa la risposta che più di altre trovo se mi chiedo che cosa mette scena il mio spettacolo; e subito altre risposte si affollano e premono per essere udite e viste (ma sì, anche viste…): “la violenza dell’uomo su altri uomini, l’aggressione cieca e ottusa al diverso da te, la follia criminale generata da una società che usa Dio, Patria, Uomo, quali beni di consumo…”. Ascolto nella caverna di me l’eco delle parole e ne provo sgomento. Mi ribello, provo a rassicurarmi - così come ognuno di noi fa - dicendomi che tutto questo appartiene al passato, che l’Olocausto da cui ho preso le mosse per affidare alla forma teatrale l’urlo di tanti è alle spalle, lontano… Ma giornali, televisioni, altri mezzi di comunicazione pubblici e privati che in questo stesso istante leggo, vedo, ascolto, mi elencano dati e immagini di perduta gente traghettata senza posa da una riva malvagia ad un’altra, da un continente all’altro, in un mondo sempre più simile ad un campo di sterminio senza tempo dove si stermina materialmente e moralmente da sempre. E i traghettatori, come sempre, sono altri uomini…
Ecco, questo purtroppo mette in scena il mio spettacolo. Per non dimenticare ma anche per gridare con ogni mezzo il NO ai traghettatori di ieri e di oggi, siano essi manovali del crimine o signori dell’Impero.

Sergio Ciulli