produzione Teatro 21

"La morte e la fanciulla"

di Ariel Dorfman
traduzione Angelo Serra



con
Livia Maddalena, Marcello Sbigoli e Angelo Zedda

regia
Livia Maddalena





Firenze, parco di Villa Fabbricotti
26 e 27 luglio 2010



Cosa succede quando una vittima diventa carnefice? Chi può scindere nettamente il bene dal male? “La morte e la fanciulla” esplora l'abisso di questo binomio. Una vittima di torture e violenze riconosce una sera, a quindici anni di distanza dall'accaduto, la voce del proprio carnefice. Per una notte i ruoli si invertono. La scena dove ha luogo il processo all'aguzzino non ha pareti, come una “stanza della tortura” in cui ogni debolezza umana è mes­sa a nudo. Rimane solo una porta a segnare il diaframma fra le proprie scelte e le conseguenze di esse. La reci­tazione è essenziale come lo è la ricerca della verità. I confini fra protagonista e antagonista sono labili; poiché se è vero che la violenza attira sempre altra violenza, è anche vero che innocente, è solo chi si sente innocente.
A quindici anni dalla caduta del regime dittatoriale di Pinochet, Paulina Salas cerca di liberarsi del ricordo pres­sante delle torture subite durante l'oppressione. Suo marito, Gerando Escobar viene nominato capo della commissione che si occuperà di indagare i crimini del regime di Pinochet.
Una notte, rientrando a casa, Gerardo buca una ruota e viene aiutato da Roberto Miranda, un dottore che si pre­sta di accompagnarlo a casa. E' l'inizio di un nuovo incubo. Paulina riconosce in Roberto il medico che l'aveva sottoposta ad atroci torture fisiche e psicologiche, il medico che ascoltava Schubert e conosceva Nietzsche.
Le parti, carnefice-vittima, si invertono. Paulina vuole giustizia per le violenze subite, giustizia per il proprio paese e per un popolo che prova a rinascere. Decide quindi di imprigionare Roberto e chiede a suo marito di processarlo. Vuole una confessione precisa di tutti i suoi misfatti. Roberto nega e Gerardo si trova a combattere tra la giustizia personale e il bene pubblico di cui è rappresentante. Sulle note della “Morte e la Fanciulla” di Schubert si snoda il gioco a tre della ricerca della verità.
Il tema indagato da Dorfman non si ferma semplicemente alla denuncia di un regime di oppressione e violazione dei diritti umani più basilari, ma si interroga su cosa voglia dire rinascita, ricostruzione, si domanda quale debba essere la strada corretta da perseguire perché un paese ferito duramente possa tornare a vivere nel tempo della civiltà e del rispetto.
Dorfman pone quesiti, spinge il pubblico a una riflessione ben più profonda del “non dimenticare”, cerca quali siano i sacrifici del “dopo” necessari per riportare i confini tra il lecito e l'illecito nella dimensione di una legislazione che non si ponga più al di sopra della vita e della morte.

Livia Maddalena



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